Rifugiati e stranieri cui è riconosciuta la protezione sussidiaria

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(dlgs 19 novembre 2007, n. 251; dlgs 28 gennaio 2008, n. 25; decreto del ministro dell'Interno 6 marzo 2008; dlgs 3 ottobre 2008, n. 159; L 15 luglio 2009, n. 94; dlgs 1 settembre 2011, n. 150; d.lgv 21 febbraio 2014, n.18)

La disciplina sul riconoscimento a cittadini stranieri o apolidi dello status di rifugiato o di persona ammissibile alla protezione sussidiaria attua la direttiva europea 2004/83/CE, mentre la relativa procedura è attuata in applicazione della Direttiva 2005/85/CE. E' stata recepita la Direttiva 2011/95/UE, integrativa della Direttiva 2014/83/UE, mentre entro il 25 giugno 2015 andrà recepita dal citato legislatore la Direttiva 2013/32/UE, che integra la suddetta Direttiva 2005/85/CE.

La domanda di protezione internazionale

La domanda, che è presentata dallo straniero o dall'apolide per vedersi riconosciuto lo status di rifugiato o quello della protezione sussidiaria, può essere motivata anche dal verificarsi di avvenimenti, o dallo svolgimento di attività, successivi alla partenza dell'interessato dal Paese di origine o di dimora abituale.

Il rifugiato è colui che non vuole far ritorno nel Paese dal quale proviene a causa del timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le proprie opinioni politiche.

Invece, è ammissibile alla protezione sussidiaria colui che non possiede i requisiti per essere riconosciuto rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese dal quale proviene, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno.

Sono considerati gravi danni:

  • la condanna a morte o all'esecuzione della pena di morte;
  • la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante;
  • la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

I predetti status non possono essere riconosciuti o mantenuti qualora vi siano specifiche cause che ne escludono o ne fanno cessare la configurabilità.

Ogni domanda di protezione va esaminata individualmente; si tiene conto, inoltre, della specifica situazione delle persone vulnerabili, tra cui rientrano:

  • i minori;
  • i disabili;
  • gli anziani;
  • le donne in stato di gravidanza;
  • i genitori singoli con figli minori;
  • le vittime di torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale.
  • i minori non accompagnati
  • le vittime di tratta di esseri umani
  • le persone con disturbi psichici.

Il richiedente, con la domanda, deve presentare tutti gli elementi e la documentazione inerenti:

  • l'età;
  • la condizione sociale, anche dei congiunti;
  • l'identità;
  • la cittadinanza;
  • i luoghi ove ha soggiornato in precedenza;
  • eventuali domande di asilo pregresse;
  • gli itinerari di viaggio;
  • i documenti d'identità e di viaggio;
  • i motivi per i quali ha chiesto la "protezione internazionale".

Qualora taluni aspetti della domanda non siano suffragati da prove, essi sono considerati veritieri se il richiedente ha:

  • compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la sua istanza;
  • prodotto tutti gli elementi in suo possesso ed ha fornito un'idonea motivazione sulla mancanza di altri elementi significativi;
  • reso dichiarazioni coerenti e plausibili, che non sono in contraddizione con le altre informazioni disponibili sul suo caso;
  • presentato la domanda il prima possibile o giustificato adeguatamente i motivi dell'eventuale ritardo;
  • dimostrato, dai riscontri effettuati dall'autorità preposta alla valutazione della domanda, di essere attendibile.

L'esame della domanda compete a un'apposita Commissione territoriale che deve valutare, in relazione al richiedente:

  • la situazione nel suo Paese di origine, riferita al momento in cui l'istanza va decisa, previa verifica del relativo sistema normativo e regolamentare;
  • le dichiarazioni e la documentazione fornite. L'interessato è tenuto a precisare se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;
  • la sua situazione personale, in particolare la condizione sociale, il sesso e l'età;
  • l'eventualità che con la sua condotta, successiva a quando ha lasciato il Paese di origine, abbia intenzionalmente precostituito le condizioni per presentare l'istanza di protezione in questione;
  • la possibilità che possa avvalersi della protezione di un altro Paese.

Costituisce un serio indizio per ritenere fondata la domanda di protezione la circostanza che il richiedente abbia già subito persecuzioni o danni gravi o minacce dirette a subirle; l'istanza, tuttavia, è rigettata qualora siano individuati elementi o motivi per escludere il ripetersi di tali fatti; salvo che emergano gravi motivi umanitari, idonei a impedire il rimpatrio dell'interessato.

La Commissione territoriale, qualora non riconosca lo status di rifugiato e neppure la protezione sussidiaria, può trasmettere gli atti del procedimento al questore, affinché sia rilasciato il permesso di soggiorno umanitario, qualora ritenga che sussistano gravi motivi di carattere, appunto, umanitario.

Ad un'apposita Commissione nazionale per il diritto d'asilo compete la revoca e la cessazione degli status di protezione internazionale riconosciuti. Tale Commissione assolve anche a compiti di indirizzo e di coordinamento delle Commissioni territoriali, non

24/06/2014
(modificato il 25/01/2019)
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