Mafia e estorsioni: 13 arresti a Palermo

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Una porzione di territorio fortemente condizionata dalla presenza di Cosa nostra dove imprenditori e commercianti sentivano la necessità di “essere autorizzati” dal referente mafioso della zona prima di aprire un’attività e dove tutti pagavano il pizzo senza denunciare. Questo è quanto scoperto stamattina a Palermo dalla Squadra mobile durante l’operazione Tentacoli che ha portato all’arresto di 13 persone appartenenti alle famiglie mafiose di Roccella e Brancaccio, accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione aggravata, traffico e detenzione di stupefacenti e possesso di armi.

L’operazione giunge al termine di due anni di indagini che hanno riguardato le due famiglie che ricadono nel mandamento di Ciaculli.

Sono una cinquantina gli episodi di estorsione rilevati dai poliziotti ai danni di vari operatori economici. I soldi del racket servivano per mantenere le famiglie dei carcerati.

L’elenco delle attività colpite comprendeva anche supermercati, autodemolitori, macellerie, discoteche, imprese di costruzioni. Di denunce però neanche l’ombra. Chi provava a reagire doveva fare i conti con minacce, rapine o spedizioni punitive.

In alcuni casi i commercianti si sono preoccupati di non figurare nel “libro mastro” delle estorsioni per evitare di essere coinvolti in eventuali retate della polizia. Persino durante l’emergenza epidemiologica e il lockdown, i pochi negozianti rimasti aperti versavano il pizzo ai mafiosi nonostante i volumi di affari si erano ridotti tantissimo. Anche in questa occasione purtroppo nessuna vittima del racket aveva presentato denuncia alle forze dell'ordine.

I poliziotti hanno accertato anche la disponibilità di armi all’interno delle famiglie mafiose; armi perfettamente funzionanti che servivano per compiere rapine o spedizioni punitive.

Durante una delle intercettazioni compiute dagli agenti della Squadra mobile, uno degli indagati sgrida un’amica che ha mandato la figlia a una manifestazione in ricordo della strage di Capaci. "Noi non ci immischiamo con Falcone e Borsellino. Non ti permettere. Io mai gliel'ho mandato mio figlio a queste cose… vergogna" queste le parole dell’indagato nei confronti della donna. "Se gli mandi la bambina sei una sbirra. Falcone, minchia che cosa inutile".

20/07/2021
(modificato il 31/07/2021)