Bologna:operazione Outlet

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La Polizia di Stato di Bologna ha eseguito 18 arresti e numerose perquisizioni a carico di cittadini italiani e albanesi responsabili di traffico internazionale di sostanze stupefacenti.Le indagini della Squadra Mobile di Bologna sono riuscite a svelare il vasto traffico di marijuana e cocaina, sostanze stupefacenti che provenivano direttamente dall’Albania e stoccate in Puglia per poi essere distribuita in Emilia Romagna, Toscana e Umbria.L’indagine denominata “Outlet”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Bologna trae origine dagli esiti investigativi di una precedente attività d’indagine che aveva fatto emergere una serie di indizi a carico di un gruppo di soggetti albanesi dediti all’importazione di ingenti quantitativi di cocaina e marijuana.In particolare, il 2 dicembre 2016, la Squadra Mobile di Bologna arrestò in flagranza di reato per detenzione di 3,5 kg di hashish, 250 gr di cocaina e 740 gr di marijuana) un cittadino marocchino il quale, nell’immediatezza dei fatti, riferì informalmente di aver ricevuto lo stupefacente il giorno precedente da alcuni cittadini albanesi, suoi abituali fornitori, incontrati presso il Centro Commerciale “Meraville” di Bologna, poco distante dal quartiere Pilastro (da cui il nome dell’operazione “OUTLET”).Le attività successivamente intraprese hanno consentito di risalire ad un primo gruppo organizzato di cittadini albanesi e italiani dedito all’importazione e rivendita di ingenti quantitativi di marijuana e cocaina, al vertice del quale si collocavano un 38enne albanese e un connazionale attualmente irreperibile.Lo stabile insediamento dei vertici del gruppo e di una buona parte dei correi nel territorio bolognese, faceva sì che l’intera programmazione, ogni accordo illecito e direttiva esecutiva venissero di fatto a perfezionarsi e ad essere adottate proprio in questa provincia. Il gruppo era solito comunicare attraverso una chat criptata la cui decodifica da parte degli investigatori consentiva di disvelare una vasta rete di narcotrafficanti. L’imponenza dell’attività illecita, pur avendo come epicentro il capoluogo emiliano romagnolo, ne consentiva necessariamente la ramificazione anche in altre regioni, tra le quali precipuamente la Puglia (punto di approdo degli ingenti carichi di stupefacente provenienti dall’Albania), l’Umbria e la Toscana, ed era strutturata in termini tali da garantire un costante approvvigionamento dello stupefacente ed un celere smistamento delle partite di volta in volta importate e/o acquistate. Il gruppo, pur se non strutturato al punto da integrare gli estremi di una compagine associata, presentava comunque una stabilità operativa ed organizzativa tanto da consentire l’immediata sostituzione di uno dei componenti in caso di sopravvenuti arresti e/o comprovata infedeltà o inaffidabilità.Esemplificative in tal senso risultavano la sostituzione di un corriere arrestato nel corso dell’indagine (colto con oltre 1 kg di cocaina mentre faceva rientro da Perugia a Bologna), ovvero quella di 2 fratelli, fidati ed esperti trasportatori dello stupefacente con i quali sorgevano questioni in merito ai rispettivi compensi.Lo stupefacente importato dall’estero, principalmente marijuana e hashish, veniva reperito dal gruppo direttamente in Albania e stoccato in attesa del trasferimento in Italia. Il gruppo, infatti, vantava un canale di approvvigionamento privilegiato in Albania, dove poteva godere di numerosi appoggi. Grazie infatti alle notevoli disponibilità economiche, era possibile non soltanto portare a termine gli ingenti acquisti di droga, ma anche occuparsi di tutte le spese necessarie per i trasferimenti di quest’ultima.D’altra parte gli ingenti quantitativi acquistati ogni volta permettevano di ottenere prezzi ridotti all’ingrosso, nell’ordine di qualche centinaio di euro al chilogrammo, così da garantire ancora maggiori guadagni dalla successiva vendita (un kg veniva acquistato a 800/1000 euro e rivenduto anche a 2.000/2.500 se la qualità era eccellente).Il trasporto via mare avveniva poi a bordo di potenti gommoni, in grado di trasportare sino a 1.000 chilogrammi di marijuana per traversata, condotti tendenzialmente da piloti italiani, in grado di attraversare il mare Adriatico anche in condizioni di criticità e di raggiungere ed attraccare a ridosso di calette della costiera pugliese, zona geografica più prossima all’Albania. I riferimenti pugliesi per tale parte dell’azione illecita venivano identificati in 2 soggetti dimoranti nel brindisino ed a loro volta narcotrafficanti, che offrivano un importante contributo proprio per gli aspetti “logistici”, vale a dire il reperimento del pilota, del gommone e della relativa motorizzazione, oltre che l’attività primo stoccaggio dello stupefacente giunto in Italia.Lo smistamento e comunque il trasporto sul territorio nazionale da e per l’Emilia Romagna veniva svolto sia da cittadini albanesi, sia da cittadini italiani residenti a Bologna. Questi ultimi, in particolare, si occupavano in maniera disgiunta e mediante l’utilizzo di veicoli propri del trasferimento dello stupefacente dalle coste pugliesi a questo capoluogo e, quale compenso per il viaggio, venivano ricompensati con somme di denaro proporzionali ai quantitativi trasportati o semplicemente con l’equivalente in stupefacente.Per l’occultamento e la custodia dello stupefacente a Bologna il gruppo era solito servirsi di alcuni box auto, ovviamente non formalmente riconducibili ad alcuno dei componenti del gruppo. Successivamente alla scoperta di tali nascondigli e al conseguente importante sequestro di diversi kilogrammi di stupefacente (548 kg di marijuana, 214 kg di hashish e 275 gr di cocaina e 15 proiettili calibro 7,65), il gruppo iniziava a servirsi di ricoveri di fortuna ricavati tra la vegetazione in isolate zone di campagna (uno dei quali riscontrato con un sequestro di 50 kg di marijuana) e in una cascina di proprietà di uno degli italiani arrestati.I clienti finali, sostanzialmente stabili, erano composti sia da connazionali, sia da centroafricani, che acquistavano quantitativi considerevoli di stupefacente, non associabili ad un uso esclusivamente personale.L’organizzazione, poi, era in grado di procurarsi anche discreti quantitativi di cocaina, perlopiù acquistati tramite connazionali operanti in Bologna.L’estensione delle indagini verso taluni dei fornitori in Italia del gruppo citato, infine, consentiva di individuare un’altra cellula criminale, sempre composta da cittadini albanesi, localizzata tendenzialmente tra la Toscana (provincia di Arezzo) e l’Umbria (provincia di Perugia). Dopo aver effettuato un’ingente fornitura di marijuana in provincia di Bologna, veniva avviata un’attività di intercettazione ed effettuati diversi servizi di p.g. che portavano a riscontrare diverse importazioni/acquisti di stupefacente (del tipo cocaina e marijuana) per quantitativi davvero considerevoli, poi piazzato in diverse regioni del territorio nazionale ed anche all’estero (ad es. sequestro di 53 kg di marijuana a Perugia).Le indagini complessivamente svolte, durate circa un anno (dal dicembre 2016 a dicembre 2017) permettevano così di procedere al sequestro dei quantitativi di stupefacente di seguito riportati ed alla conseguente adozione di misure pre-cautelari nei confronti dei diretti responsabili oggi eseguite.Oggi, in costanza di esecuzione dei provvedimenti precautelari (27 i destinatari di OCC), esecuzioni avvenute in tutta Italia con la collaborazione delle Squadre Mobili di Reggio Emilia, Ferrara, Arezzo, Brindisi, Cremona, Foggia, Perugia, Monza-Brianza e Siena, a dimostrazione di come il gruppo continuasse ad operare nel narcotraffico, a Bologna è stato tratto in arresto in flagranza di reato il già indagato 53enne italiano a cui è stata sequestrata sostanza stupefacente del tipo marijuana (oltre 5 kg suddivisa in 12 barattoli) , cocaina e ketamina, nonché sostanza da taglio del tipo manitolo.Inoltre a casa di uno degli albanesi del gruppo è stata sequestrata la somma in contanti di oltre 50mila euro debitamente occultata.

23/07/2019
(modificato il 24/07/2019)
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