Trapani: operazione ERMES fase III
La Polizia di Stato di Trapani, in collaborazione con i Reparti Prevenzione Crimine della Sicilia e della Calabria, di unità cinofile e del Reparto Volo di Palermo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ha eseguito numerose perquisizioni e arresti nei confronti dei favoreggiatori di Matteo Messina Denaro.15 indagati a vario titolo per associazione mafiosa, estorsione, detenzione di armi, favoreggiamento della latitanza del boss mafioso. Perquisita anche l’abitazione di Castelvetrano, residenza anagrafica del latitante Messina Denaro. Perquisita anche l’abitazione di Castelvetrano, residenza anagrafica del latitante Messina Denaro. L’indagine, denominata “ERMES Fase 3”, ha disvelato che i 15 indagati, membri o contigui dei mandamenti mafiosi di Mazara del vallo e di Castelvetrano, si sono adoperati per garantirne gli interessi economici, il controllo del territorio e delle attività produttive da parte dell’associazione e per aver favorito, in passato, la comunicazione riservata con il latitante Matteo Messina Denaro. Le attività investigative hanno fatto luce sugli interessi economici e sui rapporti fra i sodali del mandamento mafioso di Mazara del Vallo, e sui rapporti che il capo mafia mazarese, deceduto in data 13/07/2017, intratteneva con altri appartenenti alla famiglia mafiosa di Marsala, di Campobello di Mazara e di Castelvetrano. Nel corso di incontri riservati e attraverso lo scambio di “pizzini” si decideva il compimento di estorsioni nella compravendita di fondi agricoli e nell’esecuzione di lavori pubblici. L’indagine ha dimostrato anche l’intestazione fittizia di beni riconducibili a mafiosi e l’intervento dell’organizzazione per risolvere partite di debito/credito fra soggetti vicini alle “famiglie”. Le decisioni in merito ad alcune estorsioni venivano assunte su indicazione diretta del latitante Matteo Messina Denaro. Dalle indagini è emerso che uno degli indagati ha costituito un punto di riferimento nel segreto circuito di comunicazioni finalizzate alla veicolazione dei “pizzini” del latitante Matteo Messina Denaro. E’ intervenuto nella risoluzione dei conflitti interni alla consorteria mafiosa o comunque per essa rilevanti; ha partecipato ad incontri e riunioni riservate con altri membri dell’organizzazione mafiosa, anche finalizzati allo scambio di informazioni e ha mantenuto contatti con altri esponenti di vertice dell’associazione. Anche un altro soggetto ha partecipato a riunioni e incontri con altri membri dell’organizzazione e ha favorito lo scambio di informazioni, anche operative, con membri e vertici delle famiglie mafiose della Provincia di Trapani e di altre province. Il soggetto è anche intervenuto nella risoluzione dei conflitti interni alla consorteria mafiosa e si è imposto nel territorio quale imprenditore del settore di carburanti in posizione dominante in forza dalla sua appartenenza a “cosa nostra”. Tale soggetto è indagato, in concorso, anche per aver costretto, con l’intimidazione mafiosa, un dipendente di una società per la vendita di carburanti di Campobello di Mazara a rassegnare le proprie dimissioni, rinunciando al pagamento degli stipendi arretrati ed alle altre spettanze economiche derivanti dal suo rapporto di lavoro. L’indagato era stato condannato per aver favorito la latitanza di un noto boss mafioso e successivamente per danneggiamento aggravato ai danni dell’abitazione di un uomo politico di Castelvetrano. L’attività investigative hanno dimostrato che l'assoggettamento del territorio e il controllo delle attività economico-imprenditoriali passava attraverso minacce e azioni violente, per la realizzazione delle quali era fondamentale un costante scambio di informazioni fra i vertici delle varie famiglie della provincia. Sono state documentate le pressioni estorsive esercitate su un agricoltore marsalese, al fine di costringerlo a cedere a un membro dell’associazione un appezzamento di terreno, che invece avrebbe voluto acquistare per sè. Le indagini hanno fatto luce anche su i contrasti fra uno degli indagati mafiosi e alcuni imprenditori agricoli e allevatori e su gli incontri tra mafiosi finalizzati a ricercare una soluzione. L’intervento di “cosa nostra” era essenziale anche per risolvere dissidi per l’utilizzo di alcuni fondi agricoli e per il pascolo nelle campagne di Castelvetrano. Attraverso le attività tecniche di intercettazione è stato disvelato il tentativo di estorsione nei confronti degli eredi del defunto boss mafioso campobellese, affinchè cedessero la proprietà di un vasto appezzamento di terreno in contrada Zangara di Castelvetrano, appartenuto al boss Salvatore Riina. Le minacce dalla cosca mafiosa di Campobello, rappresentata dal boss mafioso, furono avallate anche da una lettera intimidatoria attribuita al latitante Matteo Messina Denaro, risalente al 2013.
(modificato il 05/07/2020)