Palermo: smantellato sistema corruttivo per l'apertura di lidi e stabilimenti balneari lungo la costa cefaludese

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La Polizia di Stato ha eseguito, tra i comuni di Cefalù, Palermo e Collesano l’operazione denominata “spiagge libere”. In esecuzione di un’ordinanza di misure cautelari, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Termini Imerese, Angela Lo Piparo, su richiesta del Sostituto Procuratore della Procura termitana, Giacomo Brandini, gli agenti del Commissariato di P.S. “Cefalù”, diretti da Manfredi Borsellino, hanno posto agli arresti domiciliari il dirigente dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, già responsabile del settore Demanio Marittimo di Palermo e Provincia, l’architetto Antonino Di Franco ed un noto imprenditore cefaludese del settore turistico alberghiero, Giovanni Cimino. In virtù della medesima ordinanza è stata applicata la misura del divieto di dimora nella provincia di Palermo e nel comune di Cefalù al funzionario istruttore dello stesso Assessorato che curava ed istruiva tutte le pratiche afferenti lidi e stabilimenti balneari della costa cefaludese, Salvatore Labruzzo ed al presidente dell’ “Associazione Operatori Balneari di Cefalù”, nonché “braccio destro” del Cimino, Bartolomeo Vitale. Per tutti e quattro l’accusa è gravissima, corruzione propria aggravata: avrebbero consolidato un sistema corruttivo che da tempo allignerebbe all’interno degli uffici del Demanio Marittimo dell’Assessorato Regionale al Territorio e Ambiente, grazie al quale sarebbe stato assicurato al Cimino il controllo e la gestione imprenditoriale, in regime quasi monopolistico, di uno dei tratti più belli e suggestivi della costa siciliana in cambio di favori e prebende, come in particolare l’assuzione dei figli dei funzionari corrotti durante il periodo estivo presso ditte riconducibili allo stesso Cimino. Un’indagine, quella del Commissariato di Cefalù, durata oltre un anno e coordinata, dapprima dal procuratore Aggiunto di Palermo, Dino Petralia e dal Sostituto procuratore Maria Teresa Maligno e, successivamente, dalla Procura di Termini Imerese, guidata da Alfredo Morvillo. Interecttazioni, pedinamenti ed acquisizioni documentali della sezione Investigativa del Commissarioato di Cefalù avrebbero “scoperchiato” l’ennesima storia di corruzione fatta di abusi, favori ed atti illegittimi di funzionari “infedeli” che non sapevano come “adoperarsi” per soddisfare, quasi in tempo reale, ogni richiesta dello spregiudicato imprenditore cefaludese mentre tanti esercenti di lidi balneari di Cefalù e dell’intera provincia palermitana attendevano mesi, se non anni, per il rinnovo di una concessione o, più semplicemente, per ottenere il sub-ingresso in un’altra.E’ proprio dalle denunce di uno di questi operatori balneari esasperato dal comportamento dilatorio, ambiguo ed equivoco di questi funzionari, raccolte oltre un anno fa dal dirigente del Commissariatodi Cefalù, Manfredi Borsellino  che avrebbe tratto origine l’intera inchiesta. Nel sistema di corruttela “scoperchiato” da questa indagine - scrive il G.I.P.-avrebbe avuto un ruolo incontrastato il Di Franco, emerso come il “capo indiscusso del Demanio” per un’attività sistematica di gestione della cosa pubblica e, segnatamente, delle spiagge e dei tratti di costa concesse agli operatori balneari, in modo strettamente funzionale ai propri interessi. Non meno rilevante la figura del Cimino che, grazie e soprattutto alla compiacenza dei due funzionari corrotti dell’Assessorato Regionale al Territorio e Ambiente avrebbe, in questi anni, assunto il controllo, diretto o indiretto, tramite familiari e prestanome, di circa l’ 80% delle strutture balneari operanti sulla spiaggia di Cefalù ed in altre spiagge del circondario;In tal modo, - scrive ancora il G.I.P- sarebbe divenuto “il padrone”, quasi per intero, di uno dei tratti più belli, conosciuti e suggestivi della costa palermitana.Cimino si sarebbe spinto, con i funzionari “infedeli” del Demanio, financo a concordare strategie, formare atti illegittimi e adottare ogni iniziativa possibile per consentire la riapertura del “Poseidon”, il più grande e storico lido balneare della famiglia Cimino, sotto sequestro ad opera sempre del Commissariato di Cefalù, dal 7 aprile dello scorso anno, per presunti abusi.Ad affiancarlo, anche in quest’ultimo caso, vi sarebbe stato Bartolomeo Vitale, Presidente dell’ “Associazione Operatori Balneari di Cefalù”, nella quale sarebbero confluite tutte le società gerenti gli stabilimenti balneari, direttamente o indirettamente, controllati dal Cimino e dai suoi più stretti familiari. Gli inquirenti stanno procedendo in queste ore all’acquisizione di documenti e supporti informatici presso gli uffici dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente e presso i domicili dei funzionari e degli imprenditori coinvolti alla ricerca di altri elementi utili.

03/05/2016
(modificato il 20/06/2016)
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