Frodi fiscali: 47 misure cautelari, sequestro beni per 520 milioni di euro

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Associazione per delinquere finalizzata alle frodi fiscali e al riciclaggio aggravata dal metodo mafioso, è questa l’accusa di cui dovranno rispondere 47 persone individuate dagli investigatori della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza coordinati dalla Procura europea (Eppo). I provvedimenti restrittivi emessi dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, riguardano trentaquattro persone finite in carcere, nove agli arresti domiciliari e quattro sottoposte a misure interdittive per evasione dell’Iva intracomunitaria nel commercio di prodotti informatici e al riciclaggio dei relativi profitti. Sono stati sequestrati beni, valori e denaro per oltre 520 milioni di euro. È stato disposto inoltre il sequestro preventivo per riciclaggio di alcuni complessi residenziali e immobiliari in vari comuni italiani per un valore di oltre 10 milioni di euro. L’indagine congiunta ha permesso di ricostruire false fatturazioni per 1,3 miliardi di euro ed è il frutto dell’attività investigativa dei poliziotti della Squadra mobile e delle Sezioni investigative del Servizio centrale operativo di Palermo e dei finanzieri dei Nuclei di Polizia economico-finanziaria di Varese e Milano.

Dalle indagini è emersa la partecipazione di esponenti della criminalità organizzata di stampo mafioso e camorristico. Sono in tutto duecento le persone fisiche indagate e oltre quattrocento le società coinvolte mentre sono centosessanta le perquisizioni eseguite in trenta province italiane che hanno interessato abitazioni, uffici e aziende. L’attività investigativa ha toccato inoltre numerosi Paesi dell’Unione europea (Ue): Spagna, Lussemburgo, Repubblica Ceca, Slovacchia, Croazia, Bulgaria, Cipro, Olanda e due Paesi extra Ue: Svizzera e gli Emirati Arabi. La frode constatata in questi Paesi viene denominata frode “carosello” e viene realizzata sfruttando il regime di non imponibilità ai fini Iva previsto per le operazioni commerciali intracomunitarie. Ciò avviene in un’operazione fraudolenta tra imprese di Paesi diversi, interponendo un soggetto economico fittizio, la cosiddetta “cartiera” che acquista la merce dal fornitore comunitario senza l’applicazione dell’Iva per poi rivenderla a un’impresa nazionale, anch’essa coinvolta nella frode, con l’applicazione dell’Iva ordinaria italiana. In questo modo la società fantasma, invece di vendere la merce maggiorata del proprio utile e versare l’Iva incassata dalla sua cessione, la vende sottocosto senza versarla all’Erario.

 

Leonardo Bruno

14/11/2024