Palermo ricorda Antonino Cassarà e Roberto Antiochia
Questa mattina a Palermo, in occasione del 34° Anniversario dell’uccisione del Vice Questore della Polizia di Stato Antonino Cassarà e dell’Agente Roberto Antiochia, assassinati per mano mafiosa, è stata scoperta una stele marmorea dedicata alla loro memoria, rivolta verso il luogo dell’eccidio. Alla scopertura è seguita la deposizione di una corona di alloro a nome del Capo della Polizia, Franco Gabrielli.
Subito dopo è stata celebrata una Messa in suffragio delle vittime, presso la Cappella di Maria Santissima della Soledad.
I due uomini vennero uccisi il 6 agosto 1985, presso l’abitazione di Cassarà in via Croce Rossa a Palermo: un gruppo di nove uomini armati di kalashnikov appostati nei piani del palazzo di fronte a quello dove viveva il Vice Questore, cominciarono a sparare sull'Alfetta di scorta, colpendo mortalmente i due poliziotti.
A segnare il destino del giovane Antiochia fu l’omicidio avvenuto pochi giorni prima del dirigente della Squadra “catturandi” di Palermo, Giuseppe Montana con cui Roberto aveva lavorato dal 1983 al 1985 in delicate indagini sull'associazione mafiosa Cosa Nostra.
L’agente da pochi giorni era stato assegnato a Roma ed era tornato nel capoluogo siciliano per partecipare ai funerali di Montana. Arrivato in città, però, decise di restare per l’atmosfera terribile che si respirava in Questura.
Tutti i poliziotti si sentivano nel mirino delle cosche e Roberto scelse di rimanere a Palermo per il forte legame di amicizia e il senso del dovere nei confronti dei suoi amici e colleghi; anche se ufficialmente in ferie, infatti, lavorava alle indagini sulla morte del suo ex capo e faceva la scorta a coloro che erano più minacciati: tra questi il vice capo della Mobile Antonino Cassarà.
Antonino Cassarà a Palermo rivestì dal 3 maggio 1980, l’incarico di Vice Dirigente della Squadra Mobile dove svolse delicate indagini sulle cosche mafiose, prendendo parte a numerose operazioni di Polizia Giudiziaria ed assicurando alla giustizia alcuni tra i più pericolosi esponenti di Cosa Nostra. Fu uno stretto collaboratore del giudice Giovanni Falcone e del cosiddetto "pool antimafia" della Procura di Palermo. Le sue indagini contribuirono infatti all'istruzione del primo “maxiprocesso” alle cosche mafiose.
Entrambi sono stati insigniti della “medaglia d’oro al valor civile alla memoria.
Olivia Petillo