Bari: operazione anti caporalato

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La Polizia di Stato di Bari, in collaborazione con la  Guardia di Finanza, ha arrestato sei persone ritenute responsabili di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, aggravato e continuato, truffa aggravata e truffa ai danni dello Stato. A conclusione di un’attività di indagine condotta al fine di contrastare il fenomeno del “caporalato”, i poliziotti del Commissariato di P.S. di Andria ed i militari della Compagnia della Guardia di Finanza di Trani hanno eseguito il provvedimento restrittivo, epilogo delle complesse attività investigative che hanno permesso di accertare come un’apparente e lecita fornitura di braccianti agricoli a mezzo di agenzie di lavoro interinali mascherasse, in realtà, una vera e propria forma di moderno “caporalato. Le indagini difatti sono state avviate all’indomani del decesso della bracciante agricola Paola Clemente, avvenuto nelle campagne di Andria il 13 luglio 2015. In particolare, lavorando in perfetta sinergia, ciascuno secondo la propria professionalità, finanzieri e poliziotti sono riusciti “a scoprire l’astuto modus operandi posto in essere dagli indagati a fronte di una realtà documentale fondata sulla sottoscrizione di contratti stipulati dall’Agenzia di lavoro interinale con i braccianti per la loro assunzione e con le aziende agricole utilizzatrici per la allocazione della forza lavoro reclutata con relativa emissione di buste paga che registravano la corresponsione di una retribuzione conforme a quanto previsto dalla contrattazione collettiva”. Solo l’attenta, articolata e precisa ricostruzione delle abitudini dei braccianti agricoli e la creazione di un rapporto di fiducia tra polizia giudiziaria e “vittime” è stato possibile accertare l’abitudine, da parte dei braccianti, di indicare su agende o calendari le effettive giornate lavorative. Così, nel mese di settembre 2015 furono eseguite oltre 80 perquisizioni domiciliari nella provincia di Taranto, tutte finalizzate al recupero di quell’importantissimo materiale attraverso il quale si è avuta appunto una svolta nelle indagini: “dati alla mano” è stato infatti possibile abbattere il primo muro di omertà. Proprio l’analisi delle annotazione dei singoli braccianti, confrontata con i dati ufficiali della società di lavoro interinale nonché con i dati acquisiti dai computer in uso agli indagati, ha permesso di ricostruire il cd. “sistema giornate”. In sintesi, è stato dimostrato come, in realtà, gli stessi braccianti fossero oggetto di un sistematico sotto-pagamento mediante un riconoscimento di minori giornate lavorate nonché l’omessa imputazione di tutte le indennità (trasferte e/o straordinari) normativamente previste. Infatti, considerando che ogni singolo bracciante iniziava, dalla Provincia di Taranto, il proprio tragitto direzione campagne del Nord Barese alle ore 03:30 del mattino per farvi ritorno alle 15:30 circa, agli stessi sarebbe spettata una retribuzione giornaliera di circa € 86,00, a fronte degli effettivi € 30 riconosciuti. In sintesi, la complessiva attività investigativa ha permesso di ricostruire una particolare forma di caporalato: un fenomeno non già caratterizzato dai classici elementi di violenza, minaccia e ritorsioni, bensì attuato mediante comportamenti subdoli. Infatti, attraverso lo scudo dell’Agenzia di Lavoro interinale, alle braccianti veniva assicurato un lavoro “regolare” con contributi versati in relazione, però, ad un numero inferiore di giornate lavorative rispetto a quelle effettivamente svolte. In altre parole l’opzione dei caporali era: o lavori con me mediante l’agenzia accettando di farti riconoscere meno giornate lavorative, ovvero ti cerchi un lavoro assolutamente “in nero” con tutti i rischi, anche assicurativi e contributivi, che ne possono derivare. Proprio per questa forma evoluta di caporalato sono finiti in carcere 3 dipendenti dell’Agenzia di lavoro interinale di Noicattaro, il titolare della ditta addetta al trasporto delle braccianti agricole ed una donna che aveva il compito di “controllare” le lavoratrici sui campi, tutti residenti nel barese e nel tarantino. Agli arresti domiciliari, invece, la moglie del titolare della ditta di trasporto che, risultando falsamente presente nei campi quale bracciante agricola, percepiva indebiti contributi pubblici per la “disoccupazione agricola” e la “indennità di maternità e congedi”. Contestualmente agli arresti, i poliziotti e i finanzieri hanno eseguito un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente per l’importo di oltre € 55.000, quale valore complessivo dei contributi spettanti ai braccianti agricoli a seguito del sotto-pagamento nonché indebiti contributi percepiti dall’arrestata. Ai sei è stato contestato il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, aggravato e continuato - “caporalato” -, la truffa aggravata e la truffa ai danni dello Stato, reati per i quali rischiano fino ad un massimo di 8 anni di reclusione.

23/02/2017
(modificato il 04/03/2017)
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