Varese: la Squadra mobile chiude l'attività di spaccio "familiare"
Avevano avviato una redditizia attività a conduzione familiare, specializzata nello spaccio di droga, in particolare cocaina e marijuana. Al termine dell’operazione “All in the family” (video), gli uomini della Squadra mobile di Varese hanno dato esecuzione a sei ordinanze di custodia cautelare in carcere indirizzate agli appartenenti all’organizzazione criminale; l’accusa nei loro confronti è di spaccio continuato e in concorso, di sostanze stupefacenti.
L’attività investigativa ha preso spunto dal ritrovamento del cadavere di un uomo di origine albanese, avvenuto il 23 dicembre 2016 in un appartamento di Varese; vicino al corpo senza vita gli agenti trovarono un sacchetto contenente droga, e, durante la perquisizione, furono trovati circa 20 chili di sostanza utilizzata per tagliare gli stupefacenti.
Gli investigatori della Mobile varesina iniziarono ad indagare sulle persone che avevano avuto contatti con la vittima, soprattutto nei giorni precedenti il decesso.
Emersero numerosi collegamenti con altri cittadini albanesi legati agli ambienti dello spaccio; in particolare la loro attenzione si soffermò su uno di loro, ritenuto ben addentrato in un’importante rete di smercio di cocaina sulla piazza di Varese e provincia.
Le successive intercettazioni della sua utenza telefonica, consentirono agli investigatori di far luce sull’attività svolta insieme ad un suo parente. Furono documentati centinaia di contatti, tutti simili tra loro per linguaggio utilizzato e durata, nei quali si utilizzavano frasi convenzionali per concordare le cessioni delle sostanze stupefacenti.
I clienti erano italiani e si rivolgevano al pusher chiamandolo con soprannomi come il “Biondo”, il “Tedesco” o “Hitler”, particolare che ha permesso di confermare l’identità del principale indagato, un pluripregiudicato per reati di droga, da sempre soprannominato in quel modo a causa delle sue caratteristiche somatiche.
L’11 aprile dello scorso anno i due furono arrestati perché trovati in possesso di 214 grammi di cocaina, nonché di 8.550 euro e 300 franchi svizzeri in contanti; individuato e arrestato anche un loro connazionale che li riforniva di merce.
Il loro modus operandi era ben consolidato e conosciuto da tutti i clienti: portavano sempre poche confezioni da 0,5 grammi di cocaina, in modo da fare appello, in caso di controlli, alla modesta quantità; avevano però nascosto in numerosi punti, vicini alle zone in cui spacciavano, una serie di barattoli in vetro contenenti le dosi già confezionate e pronte per essere vendute. Utilizzavano sempre lo stesso numero di telefono e la stessa auto, con la quale raggiungevano i clienti in parcheggi, distributori di benzina, bar o vie pubbliche, caratterizzati da scarso passaggio di persone.
L'arresto ha portato al subentro nell’attività criminale del fratello minore di uno di loro, che, nel giro di una settimana, riallacciava i contatti con tutti i consumatori e ridava vigore all’attività di famiglia. A causa dell’elevata mole di lavoro, il neo “imprenditore” era stato costretto a chiedere l’aiuto di un cugino, e, grazie all’utilizzo del “format” già consolidato, con il mantenimento di modalità, prezzi, luoghi e addirittura utilizzando gli stessi soprannomi del fratello, era riuscito ad incrementare gli affari, tanto da far arrivare un altro parente dall’Albania per aiutarli.
Gli agenti della Squadra mobile hanno definitivamente chiuso l’attività della famiglia l’8 giugno scorso, quando hanno arrestato due di loro perché trovati in possesso di 50 grammi di cocaina, mentre durante tutta l’indagine i poliziotti avevano già sequestrato, a più riprese, circa mezzo chilo della sostanza stupefacente.
Sergio Foffo
(modificato il 07/02/2018)