Operazione "Freeland": colpita la 'Ndrangheta del Trentino Alto Adige
Con l’operazione “Freeland” il Trentino Alto Adige è stato liberato dall’infiltrazione di alcune “locali” di ‘Ndrangheta che da diversi anni avevano esteso la loro attività anche in quel territorio, in particolare nella provincia di Bolzano.
Agenti della Squadra mobile di Trento hanno eseguito questa mattina venti ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettante persone ritenute associate alla mafia calabrese.
Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, sequestro di persona, illecita vendita di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi, bancarotta fraudolenta, contraffazione di documenti e favoreggiamento.
L’attività investigativa, svolta dalla Mobile di Trento e dal Servizio centrale operativo, con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia, ha preso il via due anni fa, in seguito alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia.
L’indagine, oltre a confermare le affermazioni del pentito, ha fatto luce sull’escalation, iniziata negli anni ’90, della “locale” di Bolzano, con modalità analoghe a quelle delle ‘ndrine calabresi, in particolare della Italiano-Papalia di Delianuova (Reggio Calabria), di cui era diretta emanazione; proprio di quel paese è originario l’uomo che per gli investigatori era al vertice del gruppo criminale, un 68enne da molti anni residente a Bolzano, titolare di una ditta di costruzioni e, in maniera occulta, di un bar che veniva utilizzato per gli incontri tra gli esponenti della “locale.”
Nel corso degli anni l’organizzazione mafiosa si è rafforzata, sostituendo la criminalità del posto nella gestione del traffico di stupefacenti, fino a diventarne il principale punto di riferimento per l’approvvigionamento nella regione. A tal proposito durante l’indagine è emerso che l’organizzazione aveva contatti con i cartelli colombiani per la fornitura di cocaina; proprio di questo stupefacente sono stati sequestrati alcuni carichi provenienti dalla Calabria.
Per la vendita al dettaglio degli stupefacenti, la ‘ndrina aveva stretto alleanze con alcuni gruppi di criminalità locale e del Triveneto, utilizzati anche per rifornirsi di armi, nonché con diversi appartenenti alla comunità rom della zona.
Nel corso dell’indagine gli investigatori hanno accertato episodi di estorsione e sequestro di persona messi in atto dagli indagati, nonché legami con altre ‘ndrine come i Barbaro-Papalia”, egemoni a Platì, e gli Alvaro-Macrì-Violi di Sinopoli.
Sergio Foffo