Camorra: con "Affari di famiglia", 22 arresti e sequetri per 15 milioni di euro
“Segui il denaro e troverai Cosa nostra”, diceva il giudice Falcone, che fu il primo a cercare di colpire economicamente la mafia. Ed è proprio ciò che hanno fatto gli investigatori della Polizia di Stato e della Guardia di finanza durante l’indagine denominata “Affari di famiglia”, al termine della quale sono state eseguite 28 misure cautelari (16 in carcere, 6 ai domiciliari e altrettanti obblighi di dimora), e sequestrati beni e aziende per un valore di oltre 15 milioni di euro.
L’attività investigativa, che ha interessato le province di Roma, Milano, Verona, Napoli, Frosinone e L’Aquila, fa parte di una strategia, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Capitale, che persegue lo scopo di contrastare l’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia legale, oltre all’aggressione dei patrimoni accumulati grazie alle attività illecite.
Gli indagati devono rispondere, in concorso tra loro, di estorsione, usura, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego di proventi illeciti, con l’aggravante di aver agito con metodo mafioso, agevolando l’espansione della camorra campana che, a partire dagli anni ’80, ha allungato i propri tentacoli anche nel Lazio e in altre regioni italiane.
L’organizzazione criminale era guidata dalla famiglia Senese e dal suo leader, che si trova già in carcere a scontare una precedente condanna, da dove riusciva comunque ad impartire le direttive attraverso messaggi in codice affidati al figlio e alla moglie durante i colloqui.
Il gruppo dei Senese ha iniziato la sua ascesa criminale nella Capitale dapprima dedicandosi al traffico di sostanze stupefacenti e poi riciclandone gli ingenti proventi, accrescendo nel tempo potere e considerazione, grazie anche al frequente ricorso alla violenza.
L’indagine della Squadra mobile di Roma e del Nucleo speciale polizia valutaria della Guardia di finanza, è stata avviata nel marzo 2017 e si è sviluppata con numerose intercettazioni telefoniche e ambientali, riprese video e, soprattutto, con la minuziosa ricostruzione dei flussi finanziari e gli approfondimenti economico-patrimoniali su persone fisiche e giuridiche, in particolare degli appartenenti alla famiglia Senese, sulla carta nullatenenti e privi di reddito.
Tra le attività del gruppo rientrava anche il “prestito” di denaro a imprenditori, con un tasso d’interesse usurario che arrivava fino al 10 per cento al mese, con la pretesa anche di altri benefit come vacanze, pagamenti di spese mediche, assunzioni, mantenimento di familiari dei detenuti.
Importante anche la fraudolenta interposizione di persone fisiche e l’intestazione fittizia di persone giuridiche, per immettere denaro di provenienza illecita nel circuito dell’economia lecita.
Altra modalità di “investimento” del denaro sporco era quella di finanziare imprenditori legati alla “famiglia”, ai quali venivano prestati milioni di euro da investire nelle loro aziende.
Sergio Foffo
(modificato il 08/07/2020)