Bullismo: dalle aule al web, un fenomeno in espansione
Le prepotenze di bambini e ragazzi nei confronti dei loro coetanei non hanno più come teatro solo le aule scolastiche; avvengono anche in strada, nei luoghi di ritrovo e sul web. Le scuole restano però il palcoscenico privilegiato dei bulli. Secondo le ultime ricerche, quasi la metà degli istituti scolastici italiani sarebbe alle prese con fenomeni di bullismo. E le loro imprese continuano a riempire le pagine dei giornali. A Potenza due ragazzi sono stati denunciati per aver minacciato una professoressa, il suo cagnolino e averle tagliato le gomme dell'auto. I due intimidivano anche i compagni di classe con una pistola: rubavano soldi e merendine, ma anche cellulari che venivano restituiti dopo essere stati utilizzati per sms e telefonate. A Napoli, nel bosco di Capodimonte, una baby-gang formata da quattro minorenni armati di coltelli e di una pistola che spara pallini in gomma ha accerchiato tre ragazzini di 14 anni rubandogli due telefonini. E ancora: in una scuola media di Brescia, tre minorenni già noti per altri episodi di bullismo sono accusati di violenza sessuale e atti osceni ai danni di una bambina dodicenne. È successo durante un'interrogazione, mentre gli altri compagni si sistemavano in modo da nascondere all'insegnante quanto stava succedendo. Sono solo alcuni degli ultimi episodi in ordine di tempo.
Le iniziative delle Questure
Si moltiplicano le iniziative di prevenzione per combattere il fenomeno e sensibilizzare i ragazzi contro le insidie che presenta. La questura di Catania, per esempio, ha appena portato a termine il progetto "Silenzio in aula", avviato nelle scuole medie della provincia. L'iniziativa si è sviluppata attraverso una serie di incontri con i ragazzini in cui il poliziotto cercava di instaurare un rapporto di fiducia con gli alunni, per poi passare a un gioco di squadra e dare una definizione di bullismo: un atto intenzionale che dura nel tempo e in cui c'è uno squilibrio di forze tra il bullo e la vittima. Un'altra fase del progetto prevedeva la celebrazione di un processo simulato al "bulletto" al termine del quale la giuria, ovvero la classe, guidata dal poliziotto, decideva la pena da dare al colpevole: diventare amico della vittima difendendola da altri bulli è stata la condanna finale.
Anche la questura di Genova ha preparato e distribuito un vademecum in cui sono descritte le azioni che i ragazzi possono attuare nel caso in cui si trovino in situazione di difficoltà. L'opuscolo si divide in due capitoli: "Quando qualcuno fa il bullo con te, cosa puoi fare?" e "Quando vedi qualcuno fare il bullo con altri, cosa puoi fare?". Alle vittime delle prepotenze viene suggerito di confidarsi con una persona di fiducia, di ignorare le provocazioni, di evitare di restare isolati e di superare la vergogna per le umiliazioni subìte. La piccola guida verrà distribuita nelle scuole in occasione degli incontri che la polizia organizzerà con gli studenti nell'ambito di un'iniziativa di educazione alla legalità.
Bulli sempre più cyber
Ma il bullismo più moderno e più spettacolarizzato in cui il prepotente diventa un "eroe multimediale" ha come scenario la Rete. Un fenomeno in crescita, in cui il bullo usa Internet per avere un pubblico di spettatori attivi che applaudono alle sue imprese. Dagli studi di un gruppo di ricercatori europei emerge un dato allarmante: il cyberbullismo colpisce il 10 per cento degli adolescenti e può essere molto più pericoloso del bullismo tradizionale perché, come spiega la psicologa Ann Frisen dell'Università svedese di Gotheborg, non dà tregua alla vittima, perseguitata anche la sera o nei giorni di festa.
I bulli telematici, protetti dall'anonimato garantito dalla Rete, spesso usano sms, e-mail, chat e perfino i social network per sferrare i loro attacchi e minacciare altri adolescenti. La studiosa sottolinea quanto sia difficile rimuovere dal web gruppi che inneggiano all'odio verso qualcuno, così come è complicato identificare la fonte dei messaggi aggressivi. Secondo la polizia postale le denunce restano ancora poche, perché spesso i ragazzi si vergognano o hanno paura di essere nuovamente bersaglio di prepotenze e discriminazioni. Per proteggersi, gli esperti suggeriscono tre regole fondamentali: non condividere le informazioni, bloccare i contatti pericolosi e parlare con un adulto.
(modificato il 12/04/2010)