Pisa: arrestato cittadino bosniaco per maltrattamenti

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La Polizia di Stato di Pisa ha tratto in arresto, in esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, uno straniero di nazionalità bosniaca di 47 anni, per i reati di sequestro di persona continuato, maltrattamenti, calunnia e per la nuova fattispecie di reato introdotta dal “codice rosso”, costrizione e induzione a contrarre matrimonio nei confronti delle sue due figlie.La drammatica vicenda, che ha coinvolto questo nucleo familiare, è maturata all’interno di un campo nomadi  ove la famiglia risiede insieme ad altri connazionali, teatro delle violenze e delle costrizioni che le povere ragazze erano costrette a subire. Le vessazioni, infatti, non si limitavano al mero linguaggio violento o alla mortificazione: le due ragazze, una delle quali al momento dei fatti era ancora minorenne, sono state costrette per anni a subire continue umiliazioni e violenze fisiche, fatte di calci, pugni e schiaffi. In più di una occasione, le donne sono state anche segregate all’interno delle loro roulotte e nutrite di solo pane e acqua.“Le punizioni”, così venivano definite dal padre i maltrattamenti inflitti nei confronti delle figlie, non erano unicamente rivolte a riprendere piccole mancanze in ambito di collaborazione familiare, ma erano soprattutto finalizzate a reprimerne la libertà di autodeterminazione sentimentale delle ragazze. Infatti, i maltrattamenti e i periodi di segregazione nelle roulotte in cui le ragazze erano costrette, erano soprattutto volti ad impedire che le stesse frequentassero i loro fidanzati, due ragazzi rumeni da loro prescelti, poiché il padre aveva già imposto ad entrambe altri due uomini da sposare, appartenenti alla propria cerchia familiare: due cugini, con i cui genitori il padre aveva già raggiunto intese economiche per la “cessione” delle figlie. Ed è proprio all’apice dell’ennesimo episodio di maltrattamento, quello più grave, nel quale una delle due povere ragazze è stata, finanche, picchiata all’interno del campo con un vaso di terra cotta, subendo poi un taglio di capelli punitivo da parte del padre, che le due ragazze hanno deciso di fuggire dal controllo paterno. Approfittando di un momento di assenza del padre dal campo nomadi, una mattina dei primi giorni di agosto, le due ragazze sono scappate attraverso una fuga organizzata con il loro “veri” fidanzati. Sono fuggite lontano da Pisa, fuori anche dalla Toscana, in un posto dove il padre non avrebbe potuto trovarle. Il padre, giunto a conoscenza del loro allontanamento, inizia a cercarle. Consapevole delle difficoltà nel rintracciare e rientrare “in possesso” delle figlie, attua uno stratagemma che poi si rivelerà per lo stesso fatale: presenta una falsa denuncia di rapimento alla Polizia di Stato di Pisa, dichiarando che le stesse erano state sequestrate vicino al campo nomadi da due cittadini sconosciuti di nazionalità rumena. Azzardatamente, decide di utilizzare la Polizia come strumento per rintracciare le proprie figlie. Addirittura, per rendere il racconto più credibile e, contestualmente, mettere maggiore pressione agli inquirenti nello svolgimento delle ricerche, dichiara falsamente che anche la sua terza figlia più piccola, di appena otto anni, era stata portata via dai presunti sequestratori provvedendo, nelle fasi successive alla denuncia, a nasconderla all’interno del campo nomadi per non svelare l’inganno, luogo dove poi verrà ritrovata nascosta, dopo qualche giorno, a seguito di una perquisizione della Polizia di Stato, condotta all’interno della roulotte del padre. La Squadra Mobile di Pisa inizia sin da subito le indagini che, a causa della scarsa logicità della denuncia presentata, virano immediatamente nei confronti del padre, che viene da subito iscritto nel registro degli indagati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pisa per i reati di sequestro di persona e calunnia. Vengono subito attivate le intercettazioni telefoniche e vengono rintracciate in nord Italia le due figlie in fuga, che vengono ascoltate, assieme ai fidanzati, dagli investigatori. Ed è in quella circostanza che le due ragazze trovano il coraggio di denunciare i maltrattamenti che consentono ai poliziotti della Squadra Mobile di ricostruire il sottobosco di violenze vissute in ambito familiare. Nei giorni a seguire, nelle conversazioni intercettate, il padre, che non era a conoscenza del luogo ove le figlie si fossero rifugiate, intima alle stesse di fare rientro a casa utilizzando toni severi e intimidatori, paventando anche conseguenze gravi per il destino dei loro fratellini più piccoli, in caso di un loro mancato rientro. Una delle due ragazze, emotivamente destabilizzata dalle continue chiamate, cede al ricatto paterno, e lascia il fidanzato per fare ritorno presso la dimora paterna. Rientrata a casa dei genitori, per prevenire ulteriori fughe, il padre la segrega nuovamente in una roulotte, e la fa tenere vigilata a vista all’interno del campo, mentre fervono, con molta premura, i preparativi per il matrimonio. Vengono intercettate conversazioni tra i padri dei due promessi sposi e alcuni parenti-mediatori, aventi ad oggetto trattative sulla somma di denaro che dovrà essere corrisposta dal padre dello sposo al padre della sposa. Arriva il giorno delle nozze e le due famiglie si riuniscono al campo, presso le roulotte della famiglia della sposa. Ad immortalarli ci sono delle immagini video postate da un membro della famiglia sul suo profilo Facebook. Gli investigatori della Squadra Mobile di Pisa, che monitoravano già da tempo anche i profili social della famiglia, osservano le immagini del rito da poco conclusosi. Al centro del tavolo, tra le vivande, c’è anche un vassoio d’argento con sopra una bottiglia di whisky con un grosso bracciale d’oro avviluppato intorno al collo, simbolo d’opulenza. Gli anziani parlano tra di loro: inizia la trattativa. Il mediatore, l’anziano, conta davanti ai padri dei promessi sposi una grossa mazzetta di banconote, consegnatagli dal padre dello sposo e la ripone al centro del tavolo accanto alla bottiglia di whisky. Segue una fase di negoziazione. Il padre della sposa, dopo aver riflettuto, prende la somma di denaro e la affida ad un altro membro della sua famiglia. Arriva, a questo punto, il momento in cui viene sugellato il compimento del rito.  Uno dei due afferra la bottiglia di whisky, la stappa e la versa nel bicchiere dell’altro, una stretta di mano tra i due capi famiglia è il segno che l’accordo si è concluso: i due genitori brindano e il matrimonio si ritiene celebrato. L’atto è compiuto, ma le indagini proseguono. Con gli elementi raccolti dalla Squadra Mobile, la Procura della Repubblica di Pisa chiede l’emissione della custodia cautelare in carcere per il regista di questa triste vicenda: il padre della sposa. Il GIP presso il Tribunale di Pisa, ritenuti gravi gli indizi di reato raccolti dagli investigatori, dispone per l’uomo la custodia cautelare in carcere. L’uomo viene trovato dai poliziotti all’interno della sua roulotte nel campo nomadi. Durante la perquisizione, viene anche ritrovata e sequestrata una parte del denaro, ritenuto dagli investigatori il prezzo riscosso per la cessione della figlia.

23/09/2019
(modificato il 24/09/2019)
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