Mafia: l' Araba Fenice non rinasce grazie alla polizia
Mandato a monte il tentativo di ricostituzione della cupola mafiosa con gli arresti di questa notte, a Palermo, di 36 esponenti di spicco di Cosa nostra. Con tre distinte operazioni di polizia, carabinieri e guardia di finanza sono finiti in carcere membri delle famiglie mafiose palermitane di Brancaccio, San Lorenzo, Resuttana e Passo di Rigano, accusati di associazione mafiosa, estorsione e traffico di stupefacenti.
Erano i fratelli Graviano, capimafia dell'ala stragista di Cosa nostra, a comandare nel quartiere palermitano di Brancaccio. Filippo e Giuseppe,
boss detenuti da anni, erano a capo del mandamento con l'aiuto della sorella Nunzia tornata, dopo una condanna per mafia, a gestire gli affari
della famiglia.
L'indagine della polizia, denominata "Araba Fenice", riguarda sedici mafiosi del mandamento di Brancaccio tra cui proprio Nunzia Graviano arrestata
dagli agenti del Servizio centrale operativo e della Squadra mobile di Palermo.
L'operazione, a cui hanno contribuito diversi pentiti, ha anche permesso di individuare i fiancheggiatori dei boss e gli esattori del pizzo.
Dall'inchiesta è emersa una fitta rete di relazioni tra i vertici della cosca, e quelli di altre famiglie mafiose della città: diversi i summit, organizzati per risolvere i contrasti tra i diversi gruppi, sono stati ascoltati in diretta dagli investigatori grazie alle intercettazioni.
Sono stati inoltre documentati contatti tra la cosca e esponenti della 'Ndrangheta calabrese.
Il 7 febbraio scorso, per il summit più importante degli ultimi anni, avevano scelto un noto ristorante nel quartiere Zen a Palermo per
parlare di soldi, affari, pizzo e potere.
Dalle indagini è emerso che tra i boss ci sarebbero stati momenti di tensione tanto da fare temere agli inquirenti, che intercettavano il summit, l'esplosione di una nuova guerra di mafia determinata dall'assenza di un vero leader in grado di mantenere la pace tra le famiglie.