Polizia di Stato: "Operazione Ombra" nei confronti di esponenti della famiglia Santapaola - Ercolano

CONDIVIDI

Dalle prime ore di oggi, la Polizia di Stato su delega della Procura Distrettuale della Repubblica presso il Tribunale di Catania-  - Direzione Distrettuale Antimafia, ha dato esecuzione all’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania  a carico di 25 soggetti, 18 dei quali tradotti in carcere, 5 agli arresti domiciliari e 2 sottoposti all’obbligo di dimora. in quanto gravemente indiziati, con differenti profili di responsabilità e allo stato degli atti ed in relazione alla fase processuale che non ha ancora consentito l’instaurazione del contraddittorio con l’intervento delle difesedei delitti di associazione di tipo mafioso (famiglia Santapaola – Ercolano), estorsione, usura,  porto e detenzione illecita di armi da sparo,  lesioni personali aggravate dall’uso di armi da sparo, tutti reati aggravati dalla finalità di agevolare l’associazione mafiosa di appartenenza

L’attività odierna è stata condotta dalla Squadra Mobile di Catania, coadiuvata dal Servizio Centrale Operativo che ha agito sotto il diretto coordinamento della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato con l’invio di diversi equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine a cui si sono aggiunte unità della locale Questura e delle sue articolazioni nonché di unità specializzate come Polizia Scientifica, Reparto Mobile e anche di un elicottero del Reparto Volo

 

Le indagini del Servizio Centrale Operativo e della Squadra Mobile, supportate da presidi tecnici (intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, oltre a videoregistrazioni) hanno interessato sia la frangia degli ERCOLANO che dei SANTAPAOLA che storicamente compongono la famiglia catanese di cosa nostra confermando come le stesse siano espressione di un unicum criminale.

Gli esiti di tali investigazioni avrebbero evidenziato - nell’attuale fase del procedimento, in cui non si è ancora realizzato il contraddittorio con le parti – la perdurante attività e pericolosità della famiglia catanese di cosa nostra.

Un primo segmento di investigazioni ha riguardato le attività criminali di due articolazioni cittadine di cosa nostra ascrivibili alle posizioni degli Ercolano, ossia il Gruppo della Stazione e il Gruppo di Cibali. In tale contesto emergeva la perdurante operatività dell’ergastolano E. M., il quale, nonostante la detenzione, avrebbe esercitato pieni poteri decisori, mantenendo contatti quotidiani con gli affiliati, a cui impartiva precise disposizioni sulle strategie da adottare. E infatti E. M.  avrebbe deciso il riassetto dei ruoli apicali all’interno dei citati gruppi a lui riconducibili determinando la designazione di S. C. D.  come successore di P. B.  nel ruolo di responsabile del Gruppo della Stazione, mentre F. C. avrebbe preso il posto del fratello F. S. come referente del Gruppo di Cibali.

 

Le investigazioni, inoltre, avrebbero fatto emergere il ruolo ricoperto da E. S.  fratello minore dell’ergastolano E. M., il quale, avvalendosi del fidato I. S.  avrebbe impartito le direttive ricevute dal fratello e si sarebbe occupato personalmente della risoluzione di eventuali controversie sia interne che esterne alla famiglia Santapaola – Ercolano.

 

Le indagini proseguivano poi sulla componente Santapaola di cosa nostra catanese, documentando il riassetto dei ruoli apicali dell’organizzazione, consentendo di individuare i soggetti che sarebbero stati chiamati a ricoprire ruoli di vertice: a partire dal nuovo reggente di cosa nostra catanese, indicato, allo stato, in R. F.  e sui suoi diretti referenti, individuati, sempre allo stato delle indagini, in M. S. e P. C.

R. F., nonostante il ruolo di vertice che avrebbe ricoperto nel sodalizio, decideva di “operare nell’ombra”, seguendo un rigoroso modus operandi che ne assicurasse la riservatezza e la distanza dalle frange più strettamente operative e quindi esposte al rischio di indagini. In tale ottica designava P. C. a “referente operativo” con il compito di coordinare l’operato dei vari gruppi cittadini e M. S.  suo unico interlocutore diretto.  Lo stesso P.  C. , inoltre, grazie allo stretto legame intessuto sia con E. M. nel periodo di comune detenzione presso la Casa Circondariale di Teramo che con l’ergastolano C. S.  inteso “Nuccio”, avrebbe preso il posto di N. F.  nel ruolo di referente della famiglia Santapaola – Ercolano per il quartiere San Giovanni Galermo, ereditando la “carta delle estorsioni” del predetto gruppo mafioso.

In qualità di “referente operativo” di cosa nostra catanese, P. C. avrebbe assicurato il sostentamento economico dei principali esponenti della famiglia Santapaola – Ercolano detenuti, tra cui lo stesso E.  M., gestiva la “cassa comune” dell’organizzazione, avrebbe curato i rapporti con i referenti delle varie articolazioni territoriali della famiglia (sia di quelle cittadine che dei sodalizi operanti nel resto della provincia), oltre ad intrattenere i rapporti con i referenti degli altri gruppi criminali del capoluogo.

 

Tali nuovi vertici della famiglia Santapaola – Ercolano manifestavano la certa propensione a ricorrere sistematicamente alla violenza come strumento per ribadire la loro autorità criminale nei territori di loro “competenza” mafiosa.

Si richiamano alcuni dei numerosi episodi che sono stati documentati dagli investigatori.

Il 26.8.2023, durante una serata danzante presso uno stabilimento balneare di Acicastello, i membri del Gruppo della Stazione, guidati da S. C. D. ed armati di pistola, avrebbero aggredito con inaudita violenza alcuni clienti del locale, colpendoli ripetutamente al capo col calcio della pistola e minacciandoli con la pistola puntata al volto.

Il 9.9.2023 i membri del Gruppo della Stazione S. C. D.  e C. A. A.  non si sarebbero fatti scrupolo di aggredire e minacciare di morte persino il giovane S.  S.  G. , nonostante la sua lontana parentela con un ramo della famiglia del capomafia S. B. ; nella circostanza, S. C. D.  e C.  A.  A.  avrebbero intimato al giovane S. S.  G. , poi arrestato dalla Squadra Mobile per possesso di due pistole clandestine, che nei suoi confronti non erano stati adottati provvedimenti più duri solo in virtù del suo cognome.

Il 31.10.2023, lo stesso reggente R.  F. , dismettendo la consueta riservatezza e facendosi affiancare dal figlio R.  D.  e da P.  V.  E. , avrebbe agito nei confronti di R. P.  D.  che veniva gambizzato come ritorsione per avergli mancato di rispetto durante un diverbio in ambito lavorativo.

 

Il ricorso alla violenza da parte degli esponenti di cosa nostra catanese come strumento di affermazione sul territorio portava a diversi episodi di fibrillazione con esponenti del contrapposto clan Cappello – Bonaccorsi, uno dei quali sfociava nella sparatoria avvenuta il pomeriggio del 21.10.2023, in  via Poulet, nella parte del quartiere San Cristoforo comunemente chiamata “Passarello”, una delle storiche roccaforti del clan Cappello – Bonaccorsi, durante il quale l’esponente di quest’ultimo sodalizio mafioso G.  S.  P.  avrebbe esploso alcuni colpi d’arma da sparo all’indirizzo dei membri del Gruppo della Stazione S. C.  D.  e C. A.  A. , recatisi in quel quartiere unitamente ai sodali E.  S. , M.  A.  e Z. B.  per chiarire una lite verbale intercorsa la sera precedente tra quest’ultimo e lo stesso G.  S.  P.

 

Nella circostanza, l’indole violenta e la spregiudicata condotta di P.  C. , S. C. D. e degli altri affiliati al Gruppo della stazione si sarebbe manifestata nel progetto omicidiario che gli stessi perseguivano ai danni del giovane esponente del clan Cappello – Bonaccorsi G. S. P., nonostante una serie di riunioni mafiose tra gli esponenti di vertice delle due organizzazioni mafiose mirassero ad appianare il contrasto e scongiurare ulteriori e pericolose degenerazioni armate. In tale fase di criticità emergeva lo stretto vincolo criminale tra P. C. ed A. S. , il quale, una volta scarcerato, avrebbe assunto il comando dell’omonimo clan mafioso Assinnata, articolazione della famiglia Santapaola – Ercolano nel territorio di Paternò (CT).

Durante l’attività sono state sequestrate diverse armi in dotazione al sodalizio mafioso, tra cui 5 pistole, un fucile a pompa ed un fucile a canne mozzate.

Tutte le ipotesi accusatorie, allo stato avallate dal G.I.P. in sede, dovranno trovare conferma allorché verrà instaurato il contraddittorio tra le parti. Il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari e per gli indagati vale il principio di non colpevolezza sino alla sentenza di condanna definitiva.

Nel complesso – per l’operazione di Polizia Giudiziaria odierna, convenzionalmente denominata “Ombra” – sono stati impiegati circa 200 operatori della Polizia di Stato.

24/07/2024
(modificato il 09/11/2024)
Parole chiave: