Brescia: operazione antiterrorismo

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Da questa mattina è in corso la fase operativa di una complessa operazione antiterrorismo della Polizia di Stato - coordinata dal Servizio Centrale Antiterrorismo della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione/UCIGOS e condotta dalla DIGOS di Brescia con il concorso delle Questure di Torino, Como e Massa Carrara - diretta a smantellare una cellula di estremisti islamici operante tra l'Italia ed i Balcani, dedita al reclutamento di aspiranti combattenti e al loro instradamento verso le milizie dello Stato Islamico. L'Autorità Giudiziaria di Brescia ha infatti emesso tre ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di due cittadini albanesi, zio e nipote, il primo residente in Albania e l'altro in provincia di Torino, nonché a carico di un 20enne cittadino italiano di origine marocchina, anch'egli residente in provincia di Torino. I primi due sono indagati del reato di reclutamento con finalità di terrorismo, il terzo di Apologia di delitti di terrorismo, aggravata dall'uso di Internet. Intanto sono in corso diverse perquisizioni in Lombardia, Piemonte e Toscana nei confronti di alcuni simpatizzanti del Califfato emersi nelle indagini. Personale del Servizio Centrale Antiterrorismo, della Questura di Brescia e del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia sta operando in Albania, nella regione di Tirana. Le indagini che hanno portato all'odierna operazione antiterrorismo - denominata Balkan Connectionper le evidenti implicazioni tra estremisti residenti nel nostro Paese ed ambienti del radicalismo islamico dei Balcani occidentali - furono avviate due anni or sono dalla DIGOS di Brescia che ha approfondito i contatti intrattenuti da un italo-marocchino, già residente a Vobarno (BS), inserito nella lista dei 65 "foreign fighters" italiani, partito nel settembre 2013 dal nostro Paese per unirsi allo Stato Islamico. I due albanesi e il marocchino naturalizzato italiano arrestati questa mattina erano infatti risultati in contatto, telefonicamente e attraverso Facebook, con il predetto di Vobarno, pochi giorni prima di trasferirsi in Siria, aveva effettuato un rapido viaggio proprio in Albania. Lo stesso, peraltro, era stato già tratto in arresto dalla DIGOS il 12 giugno del 2013 per reati di terrorismo. Dopo la partenza del marocchino, i due albanesi bloccati dalla Polizia di Stato, rispettivamente, in provincia di Torino e in Albania, avevano individuato un altro aspirante combattente da inviare in Siria. Si tratta di un giovanissimo italo-tunisino residente in provincia di Como, ancora minorenne all'epoca dei primi approcci avvenuti sempre tramite Internet, che, inizialmente titubante, era stato progressivamente convinto ad aderire al Califfato di Abu Bakri Al Baghdadi. Proprio per rinforzare i suoi propositi di combattente, l'estremista arrestato oggi in Albania era appositamente venuto in Italia per incontrarlo. In applicazione della recentissime misure di contrasto al fenomeno dei foreign fighters introdotte dal Governo con il decreto legge antiterrorismo emanato lo scorso febbraio, il giovane italo-tunisino sarà sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S.. Contestualmente, il Questore di Brescia ha disposto la sospensione dei suoi documenti validi all'espatrio. Oltre ai due albanesi, il terzo militante islamico arrestato oggi dalla DIGOS e dall'UCIGOS è un 20enne cittadino italiano di origine marocchina, residente in provincia di Torino, attivissimo su internet e ritenuto l'autore di un testo, redatto in italiano, dal titolo "Lo Stato Islamico, una realtà che ti vorrebbe comunicare", diffuso attraverso i social network dallo scorso novembre ed assurto agli onori della cronaca qualche settimana fa. Si tratta di un documento di 64 pagine connotato da finalità apologetiche dell'organizzazione terroristica Stato Islamico e che illustra nel dettaglio le attività del Califfato nei territori occupati, descrivendolo come un vero e proprio "Stato" che offre benessere e protezione ai suoi cittadini, ma nel contempo spietato con i suoi nemici. La sua importanza non risiede tanto nei contenuti - che ormai si rinvengono in molteplici testi o video diffusi dallo Stato Islamico tramite Internet - quanto piuttosto nel fatto che è stato ideato per essere destinato specificatamente a un potenziale pubblico italiano o di lingua italiana. In effetti, le indagini hanno documentato che lo scritto è stato poi rilanciato da altri utenti, attraverso Facebook o siti Internet, per consentirne la massima diffusione tra gli islamici italofoni.

25/03/2015
(modificato il 28/03/2015)
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