Trieste: favorivano l’immigrazione clandestina, arrestate cinque persone
Arrestate cinque persone a Trieste responsabili di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Gli indagati, tutti cittadini iracheni di etnia curda, facevano parte di una rete che favoriva il transito di clandestini provenienti dall’area del Kurdistan e diretti in varie parti d’Europa procurando anche documenti d’identità falsi, in cambio di ingenti somme di denaro.
Le indagini, condotte dalla Digos di Trieste e supportata dal Servizio per il contrasto all’estremismo e terrorismo esterno della Direzione centrale della polizia di prevenzione, hanno avuto inizio con gli approfondimenti info-investigativi sul conto di un cittadino iracheno residente a Trieste. L’uomo era risultato in contatto con il cittadino siriano responsabile dell’attentato terroristico del 15 settembre 2017 a Londra, nel quale un ordigno rudimentale venne fatto esplodere a bordo di un vagone della metropolitana presso la stazione “Parsons Green”.
In particolare i poliziotti hanno scoperto un’associazione transnazionale che favoriva l’immigrazione illegale in Europa (soprattutto in Germania, Francia e Paesi del Nord) di un numero elevato di migranti, prevalentemente curdi originari dell’area siro-irachena, con transito e tappa a Trieste, città rivelatasi sempre più punto di snodo della rotta balcanica. L’organizzazione, inoltre, era in grado di produrre e procurare documenti d’identità falsi, da utilizzare nell’attività di agevolazione del consistente flusso migratorio.
Durante l’operazione gli agenti hanno eseguito diverse perquisizioni non solo a Trieste ma anche in numerose città del Nord Italia dove la cellula “triestina”, anche con l’aiuto economico dell’organizzazione transnazionale, aveva “aperto” basi logistiche.
Grazie alla collaborazione internazionale di Polizia è stato invece arrestato in Germania dalle autorità di quel Paese, in esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria triestina, il cittadino iracheno che aveva costituito la cellula “triestina” della quale manteneva la supervisione.
L’attività investigativa è ancora in atto per individuare oltre 10 indagati, attualmente non presenti nel nostro Paese.