Agrigento: presi 13 estorsori delle famiglie mafiose
Associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, detenzione illegale di armi e detenzione di sostanze stupefacenti sono i reati di cui sono accusate le 13 persone fermate dagli agenti delle Squadre mobili di Palermo e Agrigento al termine dell'operazione "Icaro".
L'attività investigativa si è conclusa questa mattina con l'arresto di 10 affiliati alle cosche palermitane e agrigentine di Cosa Nostra. Sei di loro sono finiti in carcere e quattro ai domiciliari mentre per altri tre indagati è stata predisposta la misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
L'indagine è il seguito dell'operazione "Break Point" del 2013 che portò all'arresto di dieci persone.
Con "Icaro" gli investigatori hanno avuto la conferma di come il vincolo tra Cosa Nostra palermitana e agrigentina in realtà non si sia mai spezzato, come dimostrato dai numerosi summit che si svolgevano nelle campagne agrigentine.
Gli uomini della Mobile sono inoltre riusciti a ricostruire la mappa del pizzo che veniva imposto alle imprese, facendo emergere il modo in cui le organizzazioni mafiose tentavano di estorcere denaro a diverse aziende del settore edile, alcune delle quali impegnate nella costruzione del rigassificatore di Porto Empedocle, nella ristrutturazione delle case popolari e altre attive nel settore del calcestruzzo. Sono emersi anche alcuni tentativi di condizionare il trasporto da e per l'isola di Lampedusa.
Le indagini hanno interessato Agrigento, e in particolare hanno permesso agli investigatori di scoprire la pianta organica di Cosa nostra nella parte occidentale della città; in particolare sono stati raccolti numerosi elementi a carico dei capi famiglia delle cosche di Agrigento e Porto Empedocle.
Tra gli indagati anche altri affiliati all'associazione, compresi quelli incaricati di organizzare gli incontri con gli esponenti delle altre famiglie locali.