Arrestato il boss della mafia Bernardo Provenzano
Maglione, jeans e scarponcini: era vestito così Bernardo Provenzano nel momento in cui la Polizia di Stato l'ha arrestato nelle campagne di Corleone. Latitante da più di 40 anni è stato è stato catturato stamattina alle 11.15 dagli uomini della Direzione centrale anticrimine e della squadra mobile di Palermo in un casolare alle porte di Corleone, suo paese natio. La "primula rossa" della mafia non ha opposto resistenza e non era armato quando i 30 poliziotti hanno fatto irruzione nell'edificio. Non ha detto niente ed è apparso assolutamente imperturbabile sottolinea il procuratore capo di Palermo Pietro Grasso.
"La cattura di Provenzano è una vittoria di tutte le Istituzioni, frutto di un impegno dello Sco, della Polizia di Stato e della squadra mobile di Palermo. Un successo di eccezionale importanza, perchè viene assicurato alla giustizia l'attuale capo di Cosa Nostra, già condannato per le stragi più efferate. E' la fine di una latitanza durata troppo a lungo". Lo ha detto il procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Giuseppe Pignatone.
Per l'arresto del boss sono arrivate le congratulazioni del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi al ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu e al capo della Polizia Giovanni De Gennaro.
Pool di investigatori al lavoro da anni"Binnu 'u tratturi" è stato tradito da un "pizzino", uno dei bigliettini usati dal boss per comunicare con i suoi affiliati. In realtà dice il questore di Palermo Giuseppe Caruso "non è stato tradito, siamo noi che con le classiche lunghe indagini di polizia giudiziaria, fatte di appostamenti, pedinamenti e alta tecnologia siamo riusciti ad arrestarlo".
Gli investigatori dello Servizio centrale operativo e della squadra mobile di Palermo hanno tenuto sotto controllo tutti i movimenti compresi quelli dei pizzini e dei pacchi inviati per mezzo di una serie di persone che facevano la staffetta per consegnarli. L'ultimo pacco, con gli indumenti puliti, è stato inviato stamattina dalla moglie a Provenzano. "Abbiamo visto una porta aprirsi e un braccio allungarsi per prendere il pacco - racconta il questore Caruso - e questo ci ha dato la conferma che l'imprendibile capo della mafia era lì e siamo intervenuti." Nel casolare sono stati trovati numerosi "pizzini" e la macchina usata per scriverli.
Un pool di investigatori lavorava da anni a Palermo alla cattura di Bernardo Provenzano detto anche "zu Binnu". Il gruppo di lavoro è composto da investigatori specializzati nella cattura latitanti del Servizio centrale operativo e della squadra mobile di Palermo, da esperti informatici, elettronici, da specialisti della Polizia Scientifica e da analisti criminali della Direzione centrale anticrimine. L'insieme di queste professionalità ha permesso di individuare e di seguire le tracce del boss, colpendo "le reti di protezione del latitante e arrestando numerosi capi e gregari che garantivano la sua superemazia nell'organizzazione mafiosa" hanno ribadito i magistrati a commento di un'operazione che ha messo fine alla quarantennale latitanza di Provenzano.
Grazie alle nuove tecniche sempre più specializzate la polizia scientifica era anche riuscita a ricostruire il suo identikit, anche se quello di oggi è il volto di un uomo di 73 anni e con gli occhiali
(modificato il 19/12/2007)