La lotta alla Mafia di Boris Giuliano in un film della Rai
Presentata questa mattina, a Roma, la mini serie ispirata alla figura di Boris Giuliano, il funzionario di polizia che negli anni sessanta e settanta, con i suoi nuovi metodi di indagine, stava minando la mafia tanto da essere ucciso dai sicari di Cosa Nostra.
All’anteprima presso la Scuola superiore di Polizia, erano presenti, tra gli altri, il capo della Polizia Alessandro Pansa, il direttore generale della Rai Antonio Campo dell’Orto e il presidente del Senato Pietro Grasso.
Il film in due puntate andrà in onda in prima serata su Rai1, lunedì 23 e martedì 24 maggio 2016, in occasione della Settimana della Legalità.
Questa miniserie su Boris Giuliano è ''una grande opportunità di informazione divulgazione e di riscossa non l'occasione di una commemorazione''. A sottolinearlo il capo della Polizia Alessandro Pansa che ha evidenziato il valore che questo poliziotto ha lasciato ''alle generazioni dopo di lui''.
“Boris Giuliano, ha infine osservato il capo della Polizia, ha costituito uno dei momenti di snodo nella modalità in cui è stata fatta la lotta alla criminalità di tipo mafioso. Boris, infatti, vero innovatore intuì la dimensione internazionale di quei fenomeni criminali e utilizzò la cooperazione internazionale, cosa ora diventata normale”.
Il presidente del Senato Pietro Grasso che ha conosciuto Giuliano, quando era un giovane magistrato a Palermo, lo ha ricordato dicendo che “Boris Giuliano fu il vero nemico della mafia. Aveva capito la mafia e la mafia lo aveva capito e compreso che l'unico modo per fermarlo era quello di ucciderlo. Era gioviale simpatico ma anche un investigatore temuto un segugio senza pari. Gentile ma intransigente allo stesso tempo. Un uomo che operò con grandi intuizioni come quella di coordinarsi con gli investigatori statunitensi per la lotta alla mafia. Quando visitai il centro dell'Fbi di Quantico in Virginia scoprii che tra le targhe esposte c'era proprio quella di Giuliano. Lui e il giudice Falcone con un busto sono gli unici due italiani ricordati in quel luogo”.
Boris Giuliano era avviato a una solida carriera nell’imprenditoria internazionale, poi interrotta per un profondo senso di giustizia e di legalità. Da Milano torna nella sua Sicilia, come commissario di Polizia alla Squadra mobile di Palermo.
A Palermo, in quegli anni, la mafia si mescolava alla società civile: nobili e criminali frequentavano gli stessi bar, gli stessi salotti, luoghi che invece Boris evitava. Lui infatti si fa subito notare come persona diversa: seleziona i luoghi e le persone da frequentare, si tiene accuratamente alla larga dalle feste e passa al setaccio tutti, imprenditori e politici.
La sua personalità cattura chiunque entri in contatto con lui. I suoi superiori e, soprattutto, i suoi colleghi lo riconoscono come un funzionario eccellente con qualità spiccate di organizzazione e di leadership che si prestano a mettere in piedi una squadra di eccellenze, che passa alla storia come la “Squadra dei Giusti”.
Non rallenta le indagini neanche quando lo avvertono che è nel mirino della Mafia. Per i boss di Cosa Nostra, Giuliano è diventato un vero e proprio persecutore e ne decidono la morte. La mattina del 21 luglio 1979 Leoluca Bagarella e un suo complice intercettano il commissario sotto casa. Bagarella attende che entri al bar per prendersi un caffè, e lo uccide sparandogli alle spalle.
Le sue inchieste sulla mafia hanno comunque permesso di ricostruire la struttura segreta e l’attività criminale di Cosa Nostra, risultate fondamentali per la successiva istruttoria di Falcone e Borsellino, sfociata poi nel maxiprocesso del 1986.
Durante la scrittura del film, gli autori si sono chiesti più volte che cosa spingesse un uomo a rischiare tanto, ma soprattutto dove trovasse la forza di andare avanti, nonostante gli orrori che si consumavano intorno a lui. La risposta è stata che la passione per il suo lavoro, il senso del dovere e il perseguimento della verità, insieme all'amore per la sua famiglia e per gli uomini della sua squadra di cui si sentiva fortemente responsabile, erano più forti della paura.