Le donne di Al Qaeda

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La nuova frontiera della minaccia terroristica di matrice religiosa passa attraverso il reclutamento di giovani donne, spesso occidentali, che abbracciano l'Islam. Infatti vi sono esempi di donne convertite che hanno fornito supporto logistico e finanziario e svolto compiti anche operativi. La svolta al femminile del terrorismo islamico è descritta in ogni particolare nel numero di aprile di Poliziamoderna, la rivista ufficiale della Polizia di Stato.

Perché le convertite per dare ossigeno alla lotta armata di matrice religiosa? Il motivo principale risiede nel fatto che Al Qaeda sta cercando di compensare l'affievolimento della propria capacità operativa (causata da una significativa perdita di uomini e mezzi) con la capillare diffusione della propria ideologia allo scopo di reclutare nuovi adepti, specialmente donne.

In Italia già nel 2000 nella rete dell'antiterrorismo della Polizia finì una giovane milanese di 28 anni convertita all'islam , che stampava e diffondeva un opuscolo dal titolo Al Mujahidad (La combattente) scritto in italiano e diffuso mensilmente nelle moschee sparse sul nostro territorio. Nel corso degli anni la convertita italiana aveva aperto dei siti e anche una biblioteca virtuale per diffondere il richiamo alla violenza. Non è un caso che proprio le estremiste islamiche che vivono in Occidente , in particolare le convertite, siano quelle più attive nell'azione di propaganda della jihad. In sostanza l'islamista occidentale sembra ritrovare nel furore religioso e ideologico una posizione di prestigio sociale che le sarebbe altrimenti preclusa nella comunità islamica tradizionale.

Nello stesso numero di Poliziamoderna si parla dei cosiddetti camaleonti del terrore, dei killer della porta accanto indottrinati attraverso il Web (vedi la strage di Tolosa fatta da un giovane maghrebino nato in Francia) che rappresentano la nuova minaccia del terrorismo internazionale che ha basi insospettabili anche in Italia. Una situazione focalizzata anche da parte dei servizi segreti che nell'ultima relazione inviata al Parlamento hanno messo in evidenza il grosso rischio del cosiddetto , come appunto quello del massacro alla scuola ebraica di Tolosa. Secondo gli apparati di sicurezza la minaccia potrebbe arrivare da attacchi low cost con mezzi improvvisati, ad opera di singoli, stimolati dai crescenti appelli sul Web alla jihad fai-da-te.

Oggi con il terrorismo fai-da-te abbiamo una polverizzazione della minaccia - sottolinea il prefetto Stefano Berrettoni, direttore centrale della Polizia di prevenzione - per cui nella catena della sicurezza ci devono essere tanti attori istituzionali ma anche elementi della società civile, delle comunità di immigrati, dei servizi sociali e delle strutture educative.

Sul ruolo dell'Italia nella cooperazione internazionale per la lotta al terrorismo si è soffermato il professore Nick Pratt, colonnello in pensione dei Marines nonché direttore del corso Ptss del Marshall Center, l'istituto preposto a promuovere il consolidamento della sicurezza e della democrazia nella regione euroasiatica ubicato in Germania. Secondo il professor Pratt

Oggi l'arma più efficace contro il terrorismo, sia a livello globale che locale, è la volontà politica per sviluppare poi punti programmatici comuni a livello internazionale>. Nel numero di aprile di Poliziamoderna il magistrato Maurizio Santoloci, giudice di Cassazione con funzioni di gip al tribunale di Terni, spiega i meccanismi che purtroppo portano a scarcerazioni facili che sono poi alla base del dibattuto problema delle in carcere. Secondo il magistrato più che nuove leggi servirebbe un'interpretazione più rigorosa delle norme vigenti a livello sostanziale e procedurale che può contribuire a porre freno alla serialità di gravi reati che creano vivo allarme sociale nonostante il forte impegno delle forze di polizia.

06/04/2012
Parole chiave:
terrorismo - Antiterrorismo - sicurezza