Prostituzione: a Pescara sei cinesi arrestati
Operazione antiprostituzione questa mattina a Pescara con sei cinesi finiti in manette.
Gli arrestati, tre uomini e tre donne, tutti con regolare permesso di soggiorno, sono accusati di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e al favoreggiamento dell' immigrazione clandestina.
La Squadra mobile di Pescara, in collaborazione con quelle di Venezia, Prato, Rimini e Padova, anche grazie alle dichiarazioni di una di una delle ragazze liberate dopo l'operazione, ha ricostruito un giro d'affari di almeno 90 mila euro al mese. Il denaro che l'organizzazione criminale intascava finiva poi in Cina attraverso operatori finanziari.
Il centro dell'organizzazione era a Venezia, mentre le ragazze si prostituivano in tre appartamenti di Pescara e provincia.
Per trovare i clienti, la banda pubblicava annunci sui giornali locali ricorrendo a inserzioni con avvenenti ragazze nude o seminude che offrivano massaggi.
Erano inoltre i membri dell' organizzazione a tenere i contatti con i clienti e a comunicare il loro arrivo alle prostitute che, di solito, non sapevano neppure parlare l'italiano.
Gli sfruttatori non si facevano scrupolo nel sollecitare le connazionali a soddisfare ogni richiesta dei clienti, anche quando si trattava di concedere rapporti non protetti.
L'indagine, durata un anno, con appostamenti, pedinamenti e intercettazioni telefoniche, ha messo in luce anche come il mercato del sesso "low cost" a Pescara fosse in mano ai cinesi.
Non a caso le prostitute venivano chiamate "operaie", in quanto impiegate come in una fabbrica, con prezzi fortemente concorrenziali, le prestazioni partivano da 30 euro.
Le ragazze ricevevano periodicamente la visita del capo dell'organizzazione, una donna, o dei suoi emissari, che le rifornivano di cibo e tutto il necessario per vivere e lavorare; in quella stessa occasione riscuotevano gli incassi.