Verona: la Polizia ricorda i caduti e le vittime del dovere
Si è svolta questa mattina, alla presenza del vicecapo vicario della Polizia Vittorio Rizzi, presso la sede del Compartimento Polizia ferroviaria per Verona e il Trentino-Alto Adige, la cerimonia di re-intitolazione della struttura a Filippo Foti ed Edoardo Martini, poliziotti che a Trento, il 30 settembre 1967, furono uccisi dallo scoppio di una bomba che avevano appena rimosso da un treno e che esplose mentre la stavano spostando in una zona sicura, lontano dai viaggiatori che affollavano la stazione.
Presenti alla cerimonia i familiari dei due caduti, il prefetto di Verona Martino Demetrio e il questore Roberto Massucci (Foto) ed il dirigente del compartimento Polizia ferroviaria Verona e Trentino Alto Adige Eugenio Vomiero.
Durante la cerimonia il nipote di Vittorio Foti, Filippo, di 12 anni, ha letto una breve poesia dedicata al ricordo dello zio e del suo collega scomparsi.
Subito dopo l’intervento del prefetto Rizzi, che ha sottolineato: “Nell’iniziativa di oggi noi viviamo due momenti. Il ricordo di chi non c’è più, di due persone cadute in servizio e che hanno prestato il loro servizio fino all’estremo sacrificio, e poi vediamo il presente e il futuro di chi invece, oggi, ha perso una parte della sua vita e delle abilità che aveva prima che una rapina, un attentato terroristico, un drammatico incidente, lo privasse di questa parte della vita. Stiamo facendo due operazioni, la prima di memoria. Abbiamo tanti colleghi, in tutte le Forze di polizia, che sono vittime senza ricordo. Questo nostro sforzo di dare un nome al nostro ricordo serve a consentire ai nostri valori, alla nostra gente, di avere un presente e di avere un futuro. Il secondo momento - ha continuato il vicecapo della Polizia - è il giardino dell’esempio, nel quale invece si ricorda il sacrificio dei colleghi che sono oggi qui con una diversa abilità. Abbiamo colleghi come Maurizio Cesarotto, che ci segue in streaming, Antonio Clementino, Giuseppe Schimmenti, sono stati rinnovati dal fatto che loro, dopo il sacrificio nelle loro vite per aver perduto l’uso delle gambe, non hanno perduto il valore e l’amore per lo spirito di servizio, non hanno perduto il sentimento nel quale loro hanno giurato e hanno rinnovato la loro fedeltà alla Repubblica, e questo perché Matteo, oggi agente scelto della Polizia di Stato, figlio di Maurizio, continua il lavoro del papà; perché i figli di Nicola Barbato, Giovanni e Luigi, oggi sono agenti tecnici della Polizia di Stato; perché Iolanda e Giorgio, figli di Antonio Clementino, Fabio e Gaia, figli di Giuseppe Schimmenti e in servizio a Palermo. Chi non ha figli in polizia, come Adele Gesso, la vedete in uniforme, continua a prestare servizio e fa formazione sui temi della sicurezza stradale alla scuola di Cesena. Mirko Schio lavora in un’associazione che si chiama Fervicredo per aiutare i colleghi che si trovano nelle sue stesse condizioni. Ai colleghi - ha concluso Rizzi - oggi qui presenti e a Cesarotto che non c’è, rivolgo il mio grazie, per tutto quello che avete fatto. I vostri valori li avete trasmessi nella quotidianità, ogni giorno, e i vostri figli sono le gambe che il destino vi ha sottratto. A noi avete restituito il senso dello Stato, il senso di fedeltà, i valori, e per noi queste non sono gambe, ma sono ali”.
Per l’occasione, il vicecapo della Polizia, insieme ai familiari di Filippo Foti ed Edoardo Martini, ha proceduto allo scoprimento del monumento realizzato in loro onore e benedetto dal vescovo di Verona Domenico Pompili.
Al termine della cerimonia il prefetto Rizzi ha anche preso parte all’inaugurazione del “Giardino dell’esempio”, dedicato alle donne e agli uomini della Polizia di Stato “vittime del dovere” che, durante il servizio, hanno subito gravi lesioni fisiche.
Il vicecapo della Polizia, accompagnato da Giuseppe Schimmenti, Antonio Clementino, Nicola Barbato, Mirko Schio e Adele Maria Gesso, agenti rimasti gravemente feriti in servizio a causa di incidenti stradali o conflitti a fuoco, ha raggiunto la vicina area dedicata al Giardino.
Per l’inaugurazione i poliziotti in carrozzina si sono messi sul “Percorso dell’esempio” e ognuno di loro ha scoperto un piccolo ulivo, simbolo del loro rinascere, mentre, al centro del Giardino, è stata scoperta una scultura in bronzo raffigurante un bambino che pianta un ulivo.
L’opera, benedetta dal Vescovo, è stata realizzata per onorare coloro che, pur rimanendo vivi, hanno pagato a caro prezzo il loro “esserci sempre” a difesa della comunità, ma anche i due agenti che, come ha spiegato il suo autore “Con il loro mancare, hanno ‘riempito altre vite’. Con il loro eroico gesto, gli ignari passeggeri di quel treno furono salvati e la loro vita continuò in pienezza; un fanciullo ha portato fino ai giorni nostri il loro dono e la tradurrà in un nuovo inizio.
(modificato il 04/10/2023)